Territorialità e durata del diritto d’autore: recente giurisprudenza di legittimità e riflessioni

Introduzione

Il diritto d’autore, come afferma autorevole dottrina[1], è un diritto territoriale, o almeno nasce come tale. La legge regolatrice è, in genere, non quella del territorio ove l’autore ha svolto la sua attività creativa o in cui l’opera è stata pubblicata per la prima volta, ma quella del paese dove l’autore chiede che essa sia tutelata, in quanto si è verificata o si sta per verificare una violazione. Si parla di “segmentazione territoriale dell’opera oggetto di protezione giuridica[2] proprio per descrivere il fenomeno secondo il quale diritti e mezzi di tutela riguardanti un’opera dell’ingegno variano di paese in paese, facendo sì che l’artista veda tutelata la propria creazione in ogni paese, anche se in maniera differente, a seconda del territorio nel quale la protezione viene richiesta.

Alla luce di quanto appena detto, assume un’importanza rilevante il diritto convenzionale e i criteri di collegamento che quest’ultimo pone in essere, al fine di attenuare o superare il principio di territorialità e facilitare, quindi, la protezione degli autori e delle loro creazioni[3].

Parte della dottrina, a proposito dell’esigenza di uniformare le leggi nazionali applicabili in materia di diritto d’autore, sottolinea che, per sua natura, “l’opera dell’ingegno […] ha vocazione a diffondere il suo messaggio senza essere costretta in limiti di spazio[4]; questo, a maggior ragione, vale per quelle opere che acquisiscono un peso sociale rilevante e che godono di una consistente e consolidata fama, in particolar modo in un contesto storico come quello attuale, in cui i confini territoriali, stante l’impetuoso e inarrestabile incedere delle nuove tecnologie, diventano entità sempre più aleatorie.

Il tema della territorialità e della durata della tutela è stato rispolverato di recente grazie alla sentenza del 3 gennaio 2017, emanata dalla Suprema Corte di Cassazione, in riferimento alla controversia sorta in merito al tutelabilità della figura di Zorro, il famoso personaggio dei fumetti ideato da Johnston McCulley[5].

Il caso giurisprudenziale in esame testimonia le difficoltà che emergono, sovente, quando si ragiona circa la tutela da assegnare ad un’opera in un paese diverso da quello d’origine.

Il Caso Zorro

La controversia metteva di fronte Zorro Productions Inc. (titolare dei diritti sul famoso personaggio mascherato) e COGEDI International S.p.A., società quest’ultima che, stando alla sentenza di cui sopra, era “committente ed utilizzatrice di una campagna televisiva e radiofonica del 2007, in cui il personaggio in questione pubblicizzava l’acqua minerale Brio Blu[6].

Per ZP, la parte avversaria aveva violato i suoi diritti di privativa sul personaggio. La prima, infatti, sosteneva che, al fine di individuare la durata della protezione sull’opera dell’ingegno in questione, si sarebbe dovuta applicare la legge italiana; per COGEDI, al contrario, quella statunitense. Il motivo è presto detto. La ZP si rifaceva alle Convenzioni di Berna (1886) e di Ginevra (1952) in forza delle quali i Paesi aderenti (tra cui Stati Uniti e Italia) devono riconoscere nel proprio territorio, agli autori di altri Paesi aderenti, diritti non inferiori a quelli attribuiti ai propri cittadini. In altri termini, l’ordinamento italiano dovrebbe tutelare un’opera straniera alla stessa stregua di un’opera autoctona. Nel caso concreto, quindi, si dovrebbe applicare l’art. 25 LDA, il quale dispone che la durata della protezione si estende fino a 70 anni dalla morte dell’autore[7]. Essendo l’autore deceduto nel 1958, la figura di Zorro sarebbe tutelata dall’ordinamento italiano fino al 2028.

COGEDI, dal canto suo, opponeva l’esistenza della Convenzione universale del diritto d’autore (1971), sottoscritta sia dall’Italia che dagli Stati Uniti. Stando a quest’ultimo accordo, nessuno Stato contraente avrebbe l’obbligo di assicurare la protezione di un’opera pubblicata per una durata superiore a quella stabilita dalla legge dello Stato contraente in cui è stata pubblicata per la prima volta (par. IV punto 4a)[8]. Su questo solco, il legislatore italiano aveva introdotto il disposto previsto dall’art. 188, comma 2 della LDA, che si riporta testualmente di seguito: “la durata della protezione dell’opera straniera non può in nessun caso eccedere quella di cui l’opera gode nello Stato di cui è cittadino l’autore straniero”.

In questo secondo caso, dunque, si dovrebbe applicare la legge statunitense, in quanto l’art. 188, comma 2 rinvierebbe alla tutela prevista nel paese d’origine di McCulley.

Negli Stati Uniti, sull’opera di Zorro si applica il Copyright Act del 1909, visto che la prima pubblicazione di Zorro avvenne anteriormente al 1978, anno in cui è entrato in vigore il secondo Copyright Act, che estende la tutela a 70 anni dalla morte del creatore dell’opera, come avviene tuttora in Italia. Secondo il Copyright Act del 1909, invece, la tutela ha una durata limitata a 28 anni dopo la morte dell’autore. In verità, sarebbe prevista la possibilità di rinnovare la tutela al fine di estenderla per altri 28 anni, ma non esistono prove che testimonino un rinnovo sull’opera di Zorro. È da rilevare, comunque, che, anche qualora questo rinnovo si fosse concretizzato, il prolungamento di ulteriori 28 anni di tutela non avrebbe portato all’applicazione del nuovo Copyright Act, dal momento che la tutela stessa sarebbe scaduta nel 1977, ovvero a dirsi un anno prima dell’entrata in vigore del secondo Copyright Act.

Il fulcro della questione, nonché la chiave risolutiva del problema, consisteva nello stabilire quale legge andasse applicata. Succintamente: qualora si fosse applicata la legge italiana, l’opera sarebbe stata da intendersi come tuttora protetta; qualora si fosse applicata quella statunitense, la figura di Zorro sarebbe stata da considerarsi di pubblico dominio.

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 26 gennaio 2010, accoglieva le domande attoree; la Corte d’appello, con sentenza del 19 novembre 2012, ribaltava la decisione di primo grado: è da applicarsi l’art. 188, comma 2 della LDA, che ha recepito la Convenzione universale del diritto d’autore del 1971, art. 4, punto 4 a), che non obbliga gli Stati contraenti ad assicurare una protezione maggiore di quella prevista nello Stato in cui l’opera è stata pubblicata per la prima volta. La Corte di Cassazione, successivamente, cassava la sentenza impugnata accogliendo i motivi del ricorso principale: l’applicazione dell’art. 188, comma 2 della LDA è stata sospesa a tempo indeterminato dal d.lgs. c.p.s. (Capo Provvisorio dello Stato) n. 82 del 1946[9][10].

In conclusione, il personaggio di Zorro è un’opera protetta dal diritto d’autore italiano, ai sensi dell’art. 25 LDA. Lo è in Italia, quindi, e lo sarà fino al 2028; non lo è più negli Stati Uniti, dove invece è di pubblico dominio.

Conclude, infatti, la Corte di Cassazione: “contrariamente a quanto ritenuto dalla corte di merito, il disposto dell’art. 25 cit. si applica in Italia alle opere di cittadini statunitensi indipendentemente dalla durata della protezione di cui le stesse godono negli Stati Uniti”.

Conclusioni

Alla luce del caso esaminato, sembra potersi concludere che in un mondo così globalizzato, sarebbe opportuno muoversi nell’ottica di una protezione delle opere dell’ingegno non più ancorata alle barriere fisiche territoriali. D’altro canto, la segmentazione della tutela di cui si parlava nell’incipit della presente esposizione porta alla delineazione di uno scenario complesso, “ove si passi da una concezione di spazio geograficamente delimitato al cyberspazio, in cui la localizzazione dell’utilizzazione dell’opera rischia di sfuggire ad ogni controllo[11].

Sul punto, la dottrina sostiene che “la natura immateriale dei beni coperti dalla proprietà intellettuale esigerebbe l’uniformità internazionale della tutela, addirittura più di quella dei beni mobili corporali. […] L’universalità del materiale protetto dal diritto d’autore, con Internet, manifesta un’ubiquità istantanea, qualitativamente assoluta e geograficamente presente in ogni dove[12].

È auspicabile, quindi, un sistema organico, che renda omogenea la tutela di opere che, oggi più che mai, circolano senza barriere e senza limitazioni attraverso i canali di distribuzione online. Le differenze fra gli ordinamenti interni possono essere superate attraverso l’emanazione di norme internazionali, che perseguano l’obiettivo di uniformare la durata della protezione, stante la concezione, ormai anacronistica, della divisione territoriale, quando si parla di diffusione e circolazione delle opere dell’ingegno sulle reti telematiche.

NOTE

[1] M. De Sanctis, V.M. 1997, 121 e ss.

[2] M. De Sanctis e M. Fabiani, I contratti di diritto di autore, Giuffrè Editore, 2007, seconda ed.

[3] Greco – Vercellone 1974, 19

[4] Fabiani 1998, 132 “In merito alla protezione internazionale del diritto di autore” Mastroianni 1997, 1 e ss.

[5] https://it.wikipedia.org/wiki/Johnston_McCulley

[6] http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/16558.pdf

[7]I diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte”, art. 25 l. 633/1941.

[8]Nessuno Stato contraente avrà l’obbligo di assicurare la protezione di un’opera per una durata superiore a quella stabilita per la categoria a cui essa appartiene, se si tratta di un’opera non pubblicata, dalla legge dello Stato contraente di cui l’autore è cittadino e, se si tratta di un’opera pubblicata, dalla legge dello Stato contraente in cui tale opera è stata pubblicata per la prima volta”.

[9]L’applicazione delle disposizioni contenute negli articoli 186 comma secondo, 187, 188, 189 comma secondo, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e’ sospesa” (d. Lgs. c.p.s. Capo provvisorio dello Stato n. 82/1946).

[10] http://www.librari.beniculturali.it/opencms/export/sites/dgbid/it/documenti/Eventi/2014/4._decreto_legislativo_del_capo_provvisorio_dello_stato_1946_nm_82.Sospensione_di_alcune_disposizioni_concernenti_la_sfera_di_x1x.pdf

[11] M. De Sanctis e M. Fabiani, I contratti di diritto di autore, pag. 47, Giuffrè Editore, 2007, seconda ed.; sul punto c’è svariata dottrina che approfondisce il tema, su tutti: P.E. GELLER, Conflicts of Laws in Cyberspace, Re-thinking International Copyrighy in A Digitally Networked World, in Columbia Hournal of Law and Arts, 1996, n. 4, p. 602.

[12] Pierfrancesco Catarinella, La rete e i conflitti di leggi nello spazio in diritto d’autore, in Il diritto di autore, Giuffrè Editore, 2006, n. 4.

Avv. Deborah De Angelis

Dott. Federico Piccioni

(Studio Legale DDA)

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